Cooperativa La Conca Agnone | Il sorriso: maschera o specchio dell’anima
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Il sorriso: maschera o specchio dell’anima

21 nov Il sorriso: maschera o specchio dell’anima

La risata produce una sensazione di benessere attraverso lo stimolo di processi organici vitali; un’emozione che muove gli intestini e il diaframma; in una parola una sensazione di salute ben percepibile da ognuno: in questo modo noi possiamo raggiungere il corpo attraverso l’anima e servirci di quest’ultima come medico del primo.

Immanuel Kant

 

Troppo facile sarebbe definire il ridere come l’arte per prendere la vita con filosofia.

Non sono pochi i filosofi che con il riso un po’ ci hanno giocato, alcuni di loro bistrattandolo, altri tenendolo in considerazione, ma mai riuscendo veramente a definirlo e categorizzarlo come probabilmente avrebbero voluto.

I nostri antenati, a partire dagli antichi miti greci e romani, da alcuni passi dell’Antico  e Nuovo Testamento, per giungere alla saggezza popolare riassunta nei proverbi e alla nascita della commedia in Grecia, hanno da sempre riconosciuto al riso un posto di rilievo; tuttavia l’argomento è stato spesso considerato “poco serio” e non degno di molta attenzione da parte della scienza e della filosofia.

Solo in tempi recenti il fenomeno della risata è stato rivalutato.

Come dicono T. Cathcart e D. Klein “la filosofia e le barzellette nascono dallo stesso impulso: confondere il nostro senso della realtà, mandare gambe all’aria i nostri mondi e stanare le verità nascoste, e spesso scomode, che riguardano la vita.”

La forza del riso sembra essere proprio questa: l’arte di essere dirompente e ingovernabile, con quella capacità di sconvolgere le situazioni, tipica degli imprevedibili, forse proprio perché, come dice Bergson, “il comico è inconscio e nasce nel preciso istante in cui la società e la persona, libere dalla cura per la propria conservazione, cominciano a trattare se stesse come opere d’arte.”

L’umorismo è portatore anche di sovvertimento dell’ordine sociale costituito, promotore di un “caos” necessario che sa giostrarsi negli interstizi del potere per dare linfa a nuove realtà, a ricostruzioni creative capaci di dare vitalità quando l’ordine non risponde più ai nuovi bisogni sociali.

Naturalmente sperimentare l’umorismo presuppone una buona intelligenza ridens, frutto di un’alchimia complessa, ma geniale, fatta di ascolto empatico, attenzione, tempestività, creatività, umorismo e tante altre doti, a dimostrazione che l’arte di ridere e far ridere richiede una somma di qualità non indifferenti.

 

Interessante è la tesi di Bergson: ciò che ci fa ridere è precisamente l’introduzione di qualcosa di meccanico in ciò che è vivente. La vita è corrente, flusso,  perché essa è retta dalla Durata, che è il Tempo nella sua potenza permanentemente creativa. Tutto ciò che vive è flusso e corrente  continua  senza rottura, ed è ciò  che dà il senso del naturale e del semplice, e la semplicità non suscita commenti, essa è, ed è tutto. Invece, il complicato, ciò che è rigido, meccanico, che non scorre, cattura la  nostra attenzione. E può farci ridere.

Il buonumore e la comicità, effettivamente, combattono la ripetitività coatta e la rigidità mentale della sofferenza psichica.

Il sorriso è la più sottovalutata tra le espressioni del viso, molto più complicata di quanto si possa immaginare: numerose emozioni possono essere espresse con il sorriso (sorriso di paura, sorriso di disprezzo, sorriso triste, sorriso di acquiescenza). Il viso è il segno distintivo e il simbolo dell’identità personale; il volto è la sede primaria per manifestare le emozioni.

Dunque: il sorriso maschera o specchio dell’anima?

Se consideriamo il riso come ponte tra prima e dopo, tra dolore e risoluzione del dolore, tra ordine e caos, appare evidente la sua potenzialità di aiuto per chi, come lo psicoterapeuta, si trova a voler accompagnare il paziente in un percorso in cui continuamente si confondono i piani della realtà e della fantasia, il conflitto nevrotico tra il dovere e il volere.

La comicità, del resto, è parte della nostra vita e come tale entra anche in Psicoterapia, con l’ obiettivo di andare al di là del riso e far sì che il paziente affronti i problemi in maniera più spontanea e diretta, trovando nuove soluzioni, creative, che potranno aprire alla persona nuovi modi di essere al mondo.

Nel setting terapeutico la battuta ironica cambia l’atmosfera della seduta e la ridefinisce secondo altre categorie, più affettive che semantiche, offrendo al paziente nuovi punti di vista e al terapeuta un sollievo e un clima più sereno per lavorare in modo ancor più efficace.

La risata ha, dunque, un doppio potere: ci connette agli altri in maniera privilegiata e ci connette anche ad una nostra parte più spirituale e profonda.

Un articolo pubblicato su “La Civiltà Cattolica”[1] del 1/1/’94, “Il sorriso è dono e conquista”, riporta il seguente aneddoto. “Il sorridere umoristico ha caratterizzato, ad esempio, Giovanni XIII. Si narra che, dopo alcune settimane dalla sua elezione a Sommo Pontefice, non riuscisse a prendere sonno per l’assillo dei gravi problemi della Chiesa. -Voltavo la testa ora qua ora là sul cuscino -, racconta lui stesso, – ma il sonno non veniva. Allora mi sembrò che lo Spirito Santo mi dicesse: – Ohé, Angelo, tu cominci a prenderti troppo sul serio! E di colpo mi addormentai.-

 

Carlo Majello ( scrittore, giornalista, pubblicista, maestro di comunicazioni moderne) commenta l’articolo citato e riporta delle riflessioni, a mio modo di vedere, molto profonde. E’ con queste che concludo la parte introduttiva del mio lavoro, auspicando di incuriosirci sempre più camminando i meandri di questo ricco percorso.

 

“Sa sorridere l’uomo del nostro tempo? Apparentemente sì.

Gli scherzi televisivi, i salotti ed il cinema offrono lo spettacolo di gente che ride e sorride, spesso con arte raffinata. Spesso però si tratta di un sorriso maschera: di un sorriso cioè che non è più espressione di gioia profonda, ma maschera per nascondere la realtà e palliativo per illudersi e stordirsi.

Il sorriso non lo si eredita, tanto meno lo si compra o lo si prende a prestito. Esso è un’arte da conquistare con pazienza, con l’equilibrio interiore, con la ricerca dei valori della vita. E con molto amore.”

 

Dott.ssa Floriana Di Pietro