Cooperativa La Conca Agnone | Il Gioco d’Azzardo Patologico
17211
single,single-post,postid-17211,single-format-standard,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-theme-ver-7.5,wpb-js-composer js-comp-ver-4.5.3,vc_responsive

Il Gioco d’Azzardo Patologico

01 mar Il Gioco d’Azzardo Patologico

Parlare di gioco come attività intrinseca alla vita di ogni uomo in ogni luogo e in ogni tempo non è semplice perché comporta il considerare una moltitudine di sfaccettature e di significati.

Giocare consente di esprimersi al meglio, di mettere a frutto la propria creatività (Winnicott, 1971) ma è anche un modo, come sostengono alcuni autori, per scaricare e reagire a frustrazioni e pulsioni aggressive (Zola, 1964).

 

Risultati immagini per gioco d'azzardo patologico

Secondo Eugen Fink (1957), «il gioco somiglia ad un’oasi di gioia, ci rapisce, giocando siamo un po’ liberati dall’ingranaggio della vita, come trasferiti su un altro mondo dove la vita appare più felice». Il gioco si presenta come un’interruzione, una pausa e un alleggerimento del peso dell’esistenza. Ma parlare di “oasi della gioia”, se da una parte ci dà l’idea del fatto che il gioco è divertimento, dall’altra può indurci in errore sulla sua natura. L’esperienza ludica è, a volte, talmente coinvolgente, da non avere nulla in comune con un’isola di gioia: il gioco da magico può diventare “demoniaco”. Così giocare assume una doppia valenza: ci si lascia attraversare da una

dimensione attraente quanto instabile e ci si espone al rischio di trovarsi immersi in un clima “incandescente” che è tipico del gioco d’azzardo.

 

Una delle caratteristiche fondamentali del gioco è proprio l’aspetto divertente e gratificante attraverso cui il soggetto interrompe la routine quotidiana. Parte della letteratura psicosociale, che si è dedicata allo studio di questa tematica, lo intende come un’attività funzionale alla soddisfazione dei bisogni umani basilari; secondo Kusyzsyn (1984), la dimensione ludica riproduce le tre classiche esperienze psicologiche dell’individuo: quella cognitiva che si sviluppa nel prendere decisioni; quella intenzionale che si sviluppa nello scommettere e quella affettiva, come la speranza di vincere e la paura di perdere. L’incertezza dell’esito e il rischio procurano nell’individuo stimolazioni cognitive, fisiche ed emozionali. Il giocatore si pone volontariamente nelle mani dell’incertezza, del destino e si assume la responsabilità per il risultato e la responsabilità di giocarsi il proprio denaro.

Il gioco rappresenta una zona intermedia fra realtà e fantasia, proprio perché non è né un puro fenomeno, né pura immaginazione.

 

Un ulteriore concetto psicologico utile a spiegare il comportamento del giocatore è quello di locus of control di Rotter (1960), si tratta di un concetto che considera il grado in cui la gente pensa che il proprio sforzo, abilità o azione, in contrapposizione al caso o al destino, possa controllare o influenzare ciò che avviene.

Nell’attività del gioco d’azzardo vi sono individui convinti che il caso o la fortuna siano in grado di determinare il corso della loro esistenza e i loro successi e che, per contro, la cattiveria è causa dei loro fallimenti; ma vi sono altri che in contrapposizione pensano di potere controllare gli eventi e la loro vita con sforzo e abilità.

La condizione di giocatore patologico è certamente il risultato di un insieme di elementi dinamici che attengono a vari ambiti del soggetto: biologico, ambientale, psicologico, in cui è importante considerare sia il tipo di giochi, che il momento specifico in cui avviene l’incontro. Il gioco d’azzardo, nella sua variante patologica, si configura come un vero e proprio flagello sociale, in quanto un giocatore influisce negativamente su almeno dieci persone che hanno un ruolo significativo nella sua vita, proprio perché l’effetto negativo del gioco d’azzardo eccessivo si ripercuote principalmente sulla famiglia, sugli amici e sull’ambiente lavorativo creando una vera e propria deriva sociale.

A tutto ciò deve essere aggiunta la spesa sanitaria, poiché i giocatori d’azzardo, cercando aiuto, entrano in contatto con i medici di base e di pronto soccorso in genere per problemi somatici, assumono farmaci per malesseri secondari al gioco d’azzardo, contattano assistenti sociali, psicologi e spesso si ricoverano in ospedale.

Si possono distinguere tre tipologie di giocatore d’azzardo: il social gambler, il problem gambler e il pathological gambler (Lavanco e Varveri, 2006).

Il giocatore sociale è colui che scommette in modo occasionale o abituale; può interrompere il gioco quando desidera e fa maggiore affidamento alla realtà piuttosto che al senso di onnipotenza, elemento che gli consente lucidamente di capire quando è il momento di smettere.

All’interno di questa tipologia, come abbiamo detto, possiamo distinguere i giocatori occasionali e i giocatori abituali: l’80% degli italiani può essere considerato un giocatore occasionale, perché almeno una volta nella vita ha giocato d’azzardo, mentre il 20% degli italiani scommette in maniera abituale, con assiduità, spinto soprattutto dal desiderio di raggiungere un “salto” economico che non sembra fattibile attraverso la costruzione di specifici percorsi lavorativi.

Per queste persone, comunque, il gioco non interferisce con la vita quotidiana e, per questo motivo, rappresenta la ricerca momentanea di un’esperienza appagante all’interno della routine quotidiana.

Quando si parla di gioco abituale, quindi, non si discute ancora di gioco problematico. Tuttavia, la presenza di fattori di rischio e la loro compresenza (fattori legati alla persona, alle modalità

interpersonali, agli aspetti di contesto e di cultura), può condurre il giocatore a sviluppare forme di disagio legate alla scommessa: stiamo introducendo in questo modo una seconda tipologia di giocatore, il giocatore problematico.

Si tratta di persone che non riescono ad avere un pieno controllo sul gioco, tanto che quest’ultimo inizia a infrangere la sfera personale, familiare e sociale, cominciando in qualche modo a danneggiarle.

La persona inizia a dedicare sempre più tempo al gioco, la frequenza delle giocate si fa più alta, la quantità di denaro scommesso aumenta, il gioco incomincia ad avere un ruolo di primo piano nella vita quotidiana.

Il gioco d’azzardo, infine, può trasformarsi per qualcuno in una vera e propria patologia che spinge a giocare compulsivamente: si continua a giocare senza fermarsi, fino a quando non si perde tutto quello che si poteva giocare e anche di più, fino a indebitarsi.